La risoluzione del contratto turistico per causa di forza maggiore: il caso del Coronavirus

Il contesto storico nel quale ci siamo venuti a trovare nelle ultime settimane, caratterizzato da stringenti limitazioni alla libertà di movimento a causa dell’epidemia del virus Covid-19, ha fatto emergere situazioni spiacevoli per un gran numero di viaggiatori.

Prendiamo il caso di una cliente che abbia da tempo provveduto ad acquistare un tour organizzato avente come destinazione proprio la Cina, versando un cospicuo acconto al fine di formalizzare la prenotazione.

Com’è noto dal mese di dicembre 2019 nel territorio cinese ed in modo particolare nella città di Wuhan sono stati registrati numerosi casi di polmonite virale poi ricondotti al nuovo Coronavirus (Covid-19).

Purtroppo, il virus in breve tempo si è espanso in maniera incontrollata e molti casi sono poi stati riscontrati anche sul territorio italiano, tanto che il Consiglio dei Ministri straordinario si è visto costretto a adottare misure stringenti di contrasto alla diffusione del virus.

Premesso che il Ministero della Salute italiano ha più volte raccomandato di posticipare i viaggi non necessari e la stessa Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha aveva dichiarato il nuovo Coronavirus una  quale emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale, la cliente riteneva che il contratto sottoscritto non potesse essere portato ad esecuzione a causa dei rischi connessi all’epidemia da Coronavirus che ha colpito tutta la Cina , e che si stava inevitabilmente propagando su scala mondiale. 

L’agenzia di Viaggi, invece, riteneva di dover restituire solo una parte di quanto corrisposto dalla cliente in sede di prenotazione e che una percentuale dovesse essere trattenuta a titolo di penale per la disdetta del viaggio, seppur – si noti – avvenuta nel rispetto dei termini di preavviso di 30 giorni.

Tanto premesso quante possibilità ha la cliente di ottenere il rimborso dell’intera somma versata in sede di prenotazione? 

La situazione risulta inquadrabile nella sopravvenuta impossibilità di ricevere la prestazione per la quale è stato già corrisposto il prezzo o parte di esso con conseguente risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1463 c.c. 

La norma presa in esame regola le conseguenze dell’impossibilità definitiva e totale della prestazione per causa non imputabile alla parte nei contratti con prestazioni corrispettive ad efficacia obbligatoria. Tale impossibilità estingue l’obbligazione e conseguentemente il debitore che era tenuto ad eseguirla è liberato. 

L’impossibilità non imputabile importa altresì il venir meno del fondamento giustificativo della controprestazione, determinando l’effetto risolutorio del vincolo contrattuale, cosicché il debitore liberato, qualora non abbia ricevuto la controprestazione, non può pretenderla mentre, ove l’abbia ricevuta, dovrà restituirla, secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito.

Impedimento per causa di forza maggiore è anche trattato all’interno del Codice del Turismo, ovvero il D.lgs. n.79/2011, il quale stabilisce che ” nel caso di impedimento del consumatore di partire per il viaggio organizzato e già saldato, per cause impreviste e lui non imputabili che precludono la partenza, vi è l’obbligo da parte del tour operator di rimborsargli tutte le somme già versate, al di là della stipula o meno della polizza assicurativa, tenendo anche conto del connaturato rischio imprenditoriale“.

L’art. 41 in particolare, tratta il Diritto di recesso prima dell’inizio del pacchetto prevedendo in caso di circostanze inevitabili e straordinarie, verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze, e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, che il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare.

Ciò è stato oggetto anche nella direttiva europea 2015/2302 sui pacchetti turistici, all’art.12, punto 2, in abrogazione della precedente direttiva 90/314/CEE.

Tra le cause di forza maggiore rientrano sopravvenuti e imprevedibili motivi di salute ma anche calamità naturali o la diffusione di epidemie sopraggiunte nel luogo di destinazione.

Sul punto autorevole giurisprudenza ha altresì rilevato che “La risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell’art. 1463 cod. civ., può essere invocata da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile. 

In particolare, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte(Cassazione n. 18047/2018 – sul punto anche Cassazione n. 26958/2007).

Anche una recente pronuncia del Tribunale Firenze Sezione III 22/05/2019, n.1581 ha ritenuto che la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell’art.1463 cod. civ.

Da un esame dei fatti  appare evidente che l’esecuzione del viaggio nel paese di destinazione avrebbe esposto la nostra cliente, comunque, al rischio di contagio della malattia e, pertanto, non servirebbe a realizzare la finalità ricreativa e di svago del viaggio o evento stesso. 

Invero, in analoga situazione di viaggio prenotato per una località colpita da epidemia la Cassazione ha affermato che “Pur essendo la prestazione in astratto ancora eseguibile, il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto (nel caso, lo «scopo di piacere» in cui si sostanzia la «finalità turistica»), essa implica il venir meno dell’interesse creditorio, quale vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del creditore. 

Essendo la prestazione de qua divenuta inidonea a soddisfare l’interesse creditorio, l’estinzione dello stipulato contratto in argomento per irrealizzabilità della causa concreta comporta, va infine sottolineato, l’esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni. Il debitore non è pertanto più tenuto ad eseguirla, ed il creditore non ha l’onere di accettarla.” (Cassazione 16315/2007).

In specie, l’epidemia di febbre emorragica di dengue costituiva infatti evento determinante non già il deterioramento o la riduzione della prestazione (Cassazione 17/7/1987, n. 6299) bensì il venir meno del normale standard di sicurezza sanitaria del luogo di esecuzione della prestazione turistica. Ciò comportava inevitabilmente lo scioglimento del contratto avente ad oggetto un viaggio vacanza di due settimane per due persone, essendo ivi in atto un’epidemia.

Anche in dottrina è stato affrontato il tema dell’impossibilità sopravvenuta con effetti liberatori per il debitore ossia maturata successivamente alla conclusione del contratto. 

Quest’ultima può aversi solo se concorrono l’elemento oggettivo dell’impossibilità di eseguire l’obbligazione e quello soggettivo dell’assenza di colpa nella realizzazione dell’evento che ha reso impossibile tale prestazione. 

Circa l’onere della prova della causa integratrice della risoluzione preciso che ricade sulla parte che rivendica tale impossibilità, ossia che sarebbe stata tenuta ad eseguire la prestazione divenuta impossibile. 

Infine rilevo come la norma si riferisca ai contratti a prestazioni corrispettive, ma si ritiene che lo strumento della risoluzione per impossibilità sopravvenuta possa essere  ritenuto generale applicabile ai contratti a titolo oneroso, siano essi commutativi o associativi.

Ovviamente tutto quanto sopra esposto trova ancora maggior forza con conseguenze generalizzate qualora sussistesse da parte dello Stato un divieto assoluto di movimento che comprenda il periodo interessato dal tour.

Detti principi sono stati fatti propri dal Governo con il DL 02/03/2020 stabilendo i casi legati al Coronavirus che il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto. A fronte della richiesta di risoluzione del contratto formulata dal viaggiatore, l’organizzatore del viaggio dovrà provvedere al rimborso integrale del pacchetto turistico, eventualmente anche sotto forma di voucher di importo pari al dovuto, da utilizzare entro un anno dall’emissione.

Tale disciplina è stato esteso anche nei confronti dell’albergatore dal Dl 18/03/2020.

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