L’emergenza COVID-19 ha aperto le porte al concetto di Smart Working.

Innanzitutto, occorre chiarire che lo Smart Working richiede la dimensione aziendale, non è il semplice “lavorare da casa” (quello è Home Working o Remote Working).

La definizione è stata introdotta nel 2017 con la L. n°81, e indica un metodo di lavoro dinamico e flessibile svolto dai dipendenti al di fuori dei locali dell’azienda.

La domanda che ci poniamo è: come e fino a che punto il datore di lavoro può spingersi a controllare il suo dipendente in Smart Working?

L’art. 21 della legge sul “lavoro agile” stabilisce che l’accordo relativo alla modalità di lavoro disciplini obbligatoriamente l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: quest’ultimo, a sua volta, impone il divieto di mero controllo a distanza del lavoratore a meno che vi sia uno dei seguenti giustificati motivi: esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro ovvero tutela del patrimonio aziendale.

Quando facciamo riferimento al patrimonio aziendale, viene spontaneo pensare ai beni presenti in azienda come le macchine, le attrezzature, gli uffici di rappresentanza ecc…. ad oggi però, il patrimonio più importante in possesso delle aziende sono i dati che queste acquisiscono, gestiscono e custodiscono ogni giorno, qualcosa di apparentemente molto più intangibile quindi: le informazioni.

In queste settimane per esempio, atteso i divieti di spostamento in essere, utilizzando il personal computer fornito dal datore di lavoro, i giustificati motivi che ne consentirebbero i controlli sono le esigenze organizzative e la tutela del patrimonio aziendale che può essere rappresentato, per l’appunto, non solo dalla strumentazione assegnata dal datore di lavoro ma anche dai dati aziendali utilizzati per lo svolgimento della prestazione.

A tal riguardo, l’ultimo comma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori prevede che il datore di lavoro debba consegnare ai propri dipendenti le informative complete, contenenti non solo le regole di utilizzo degli strumenti concessi in dotazione, ma anche le modalità di effettuazione dei controlli da parte dell’azienda, nel rispetto della normativa dettata in materia di privacy.

Attenzione dunque, perché il datore di lavoro, utilizzando le informazioni lecitamente raccolte, può sanzionare il lavoratore anche se la prestazione è stata eseguita al di fuori dei locali aziendali!

Share This